Re Lear. Teatro Argentina Roma.
“Chi non ha saputo vedere diventa cieco, chi non ha capito perde la mente…
chi ha tradito sprofonda nel tradimento, chi è puro viene trucidato.”
“Lear avviene adesso, nei nostri giorni, in un mondo fluttuante, dove l’economia e la finanza ci spingono da una crisi all’altra. Portandoci con loro…è la storia del potere della successione, di padri e figlie, figli e padri… Lear vuole ritrovare la giovinezza perduta, abbandonare le cure del regno, il peso delle responsabilità, poter vagare con i suoi cavalieri da un palazzo all’altro, fare bagordi e occuparsi solo del proprio piacere; per combattere la solitudine e l’approssimarsi della fine si porta dietro un seguito colorato e chiassoso, di dubbia moralità…questo seguito è rappresentato dal pubblico che fin dall’inizio è chiamato in causa … nel corso dello spettacolo il paesaggio si deforma, dalla favola si passa all’incubo, un viaggio verso le tenebre…”.
Così Barberio Corsetti, che immagina il suo spettacolo diviso in tre parti come il regno di Lear: il dramma delle due famiglie, Lear e Gloucester e la tempesta, la natura che si confonde con la mente, qui la scena perde i contorni della realtà; la guerra che arriva come una battaglia di soldatini, in cui un re dovrebbe essere salvato dalla figlia che ha cacciato, ma perde lasciando al potere la necessità di ricostituirsi intorno ad un nuovo personaggio”.
Lear vuole essere amato, perché pensa che il sentimento delle figlie sia una garanzia, un investimento che gli permetterà di vivere
spensierato una seconda giovinezza. Vuole essere amato perché sta dando via il potere, quindi un gran regalo, pensa…
in realtà si sta alleggerendo per volar via libero e il potere si diffonderà come una malattia contagiando tutti.
È una favola ed è una tragedia di padri e figli. Lear e le sue figlie, Gloucester e i suoi figli. I padri fraintendono i figli, i figli tradiscono i padri.
Oppure li salvano… si parla di paternità e eredità, trasmissione e usurpazione, passaggio di potere ridotto ai termini essenziali. Fino ad arrivare alla follia di Lear e la cecità di Gloucester, il buio degli occhi e il buio della mente. E troviamo il re pazzo con Tom, Edgar, finto pazzo, e il matto, pazzo di professione. Lear con il figlio del cieco, che si è fatto accecare per Lear…
una proprietà transitiva della tragedia che si diffonde e scivola tra padri e figli. Le situazioni, i luoghi sono simbolici, come arcani maggiori dei Tarocchi, la torre, la tempesta, la capanna. La superficie del racconto è tagliata a colpi netti, come una tela di Fontana.
Lear ha un carattere violento, rabbioso, che si sfracella contro le porte chiuse dalle figlie. Cordelia è come il padre, non vuol dire fandonie, odia le smancerie, non capisce l’adulazione, è diretta e ombrosa.
I personaggi si stagliano contro un cielo fosco con tutti i loro difetti e le loro qualità, caratteri che possono solo essere tirati allo spasimo, alle estreme conseguenze. La fedeltà, la lealtà, oppure il tradimento, la doppiezza, sono scolpite nelle figure come la trama stessa della materia in cui sono forgiate. Ancora una volta è una scritturamaterica.
Chi non ha saputo vedere diventa cieco, chi non ha capito perde la mente… chi ha tradito sprofonda nel tradimento, chi è puro viene trucidato.
I costumi sono di adesso, una contemporaneità inventata, con colori forti, ma che poi perdono ogni forma, fino a lasciare
Lear seminudo nelle sue vecchie carni.
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Teatro Biondo Palermo
Re Lear
di William Shakespeare
traduzione Cesare Garboli
regia e adattamento Giorgio Barberio Corsetti
con Ennio Fantastichini
e Michele Di Mauro, Roberto Rustioni, Francesco Villano, Francesca Ciocchetti, Sara Putignano
Alice Giroldini, Mariano Pirrello, Pierluigi Corallo, Gabriele Portoghese, Andrea Di Casa
Antonio Bannò, Zoe Zolferino
scene e costumi Francesco Esposito
luci Gianluca Cappelletti
musiche composte e eseguite dal vivo Luca Nostro
ideazione e realizzazione video Igor Renzetti e Lorenzo Bruno
assistente alla regia Giacomo Bisordi
I open Paroleacapo for my great love: the Theater which allows me to travel while I’m still, dreaming sitting in the audience, dance in the gallery and take pics before the curtain rises!
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