Covid-19 prima e dopo. Umberto Galimberti.
Umberto Galimberti noto al grande pubblico come accademico e antropologo culturale, nonché filosofo, sociologo e psicanalista, ha sempre concluso i suoi incontri pubblici con le avvertenze…
… il Cristianesimo ha diffuso in Occidente un ottimismo che ci ha insegnato a pensare in questi termini: il passato è male, il presente è redenzione e il futuro è salvezza. Questa modalità di considerare il tempo è stata acquisita dalla scienza, che a sua volta dice che il passato è ignoranza, il presente è ricerca e il futuro è progresso. Persino Karl Marx è un grande cristiano quando predica che il passato è ingiustizia sociale, il presente farà esplodere le contraddizioni del capitalismo e il futuro renderà giustizia sulla Terra. E Sigmund Freud, che pure scrive un libro contro la religione, sostiene che i traumi e le nevrosi si compongono nel passato, che il presente sia magico e che il futuro sia guarigione. Non è così. Il futuro non è il tempo della salvezza, non è attesa, non è speranza. Il futuro è un tempo come tutti gli altri. Non ci sarà una provvidenza che ci viene incontro e risolve i problemi nella nostra inerzia. Speriamo, auguriamoci, auspichiamo: sono tutti verbi della passività. Stiamo fermi e il futuro provvederà: non è così…
… rendiamoci conto che non abbiamo più le parole per nominare la morte perché l’abbiamo dimenticata. Ammettiamo che quando un nostro caro sta male lo affidiamo all’esterno, a una struttura tecnica che si chiama ospedale, e da lì non abbiamo più alcun contatto. Una volta i padri vedevano morire i figli quanto i figli vedevano morire i padri. C’erano le guerre, le carestie, le pestilenze. Esisteva, concreta, una relazione con la fine. Oggi l’abbiamo persa. Quando qualcuno sta male, mancano le parole per confortarlo. Diciamo: vedrai che ce la farai. Che sciocchezza. Che bugia. Perché abbiamo perso il contatto con il dolore, con il negativo della vita. E quindi come facciamo ad avere delle strategie quando il negativo diventa esplosivo?
… sono trent’anni che il Paese non è governato: accorgerci ora che abbiamo cinquemila letti in terapia intensiva quando la Germania ne ha 28 mila, scoprire che le carceri sono in subbuglio e che è possibile scappare sui tetti, ammettere adesso che andavano costruite altre strutture perché i detenuti potessero vivere in condizioni almeno vivibili; è il conto che stiamo pagando per essere stati distratti, per non aver preteso una guida vera. Per non parlare del debito pubblico: un macigno che si farà ancora più pesante per sopperire alle difficoltà economiche di questi mesi. È questo il limite, reale. E se lo troveranno davanti soprattutto i giovani, che al momento sembrano non morire con la stessa velocità e intensità dei vecchi: poi toccherà a loro, se non si ammalano, continuare a esistere in questo mondo…
… avevamo affidato la nostra identità al ruolo lavorativo. La sospensione dalla funzionalità ci costringe con noi stessi: degli sconosciuti, se non abbiamo mai fatto una riflessione sulla vita, sul senso di cosa andiamo cercando. Siccome non lo facciamo, poi ci troviamo nel vuoto, nello spaesamento. E allora chiediamoci: il paesaggio era il lavoro? L’identità era la funzione? Fuori da quello scenario non sappiamo più chi siamo? Questo è un altro problema. Non basta distrarsi nella vita, bisogna anche interiorizzare e guardare se stessi. Finora siamo scappati lontano, come se noi fossimo il nostro peggior nemico. I nostri week end non erano l’occasione per volgere lo sguardo a noi, ai nostri figli. Erano fughe in autostrada. Perché conosciamo due modalità dell’esistenza: lavorare e distrarci. Fuori dal quel cerchio, è il nulla…
… ora: l’egoismo non sta diventando adesso un valore primario. È già il valore primario nella nostra cultura. La solidarietà è andata a picco in questi anni. Individualismo, narcisismo, egoismo: sono tutte figure di solitudine. La socializzazione si è ridotta alla propria parvenza digitale. E se anche l’istruzione, superata questa fase sperimentale, costretta dai tempi, dovesse poi venire diffusa via internet? I ragazzi hanno bisogno di imparare ma anche di guardarsi in faccia, di ridere, di capire attraverso lo sguardo se l’altro dice la verità o sta mentendo. Hanno bisogno di esperienze fisiche…
… siamo il popolo più debole della Terra, il più assistito dalla tecnologia: se manca la luce per dodici ore andiamo nel panico. Mi spingo oltre: il razzismo di noi italiani, al di là di come viene indotto, ha una ragione radicata nell’inconscio. Abbiamo paura degli africani perché capiamo che quei signori capaci di attraversare i deserti, sopravvivere alle carceri e attraversare il mare sono biologicamente superiori a noi. Bios vuole dire vita. Ed è la biologia, accettiamolo, che vincerà.
… Il cambiamento imposto dal Coronavirus sembra una sofferenza difficile da sopportare, anche se l’umanità ha superato di molto peggio…
(estratto da intervista su https://www.gqitalia.it/news/article/umberto-galimberti-filosofo-coronavirs)
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I open Paroleacapo for my great love: the Theater which allows me to travel while I’m still, dreaming sitting in the audience, dance in the gallery and take pics before the curtain rises!
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